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V domenica di Pasqua

- Anno B -

 

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Vangelo secondo Giovanni

Gv 15,1-8

 

1 "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

 

 

Introduzione

 

Vedere l'introduzione generale.

 

Particolari della traduzione

 

La Chiesa italiana ha stabilito che con l’Avvento 2008 sia usata nella Liturgia la nuova traduzione della Bibbia. In essa è raccolta tutta la ricchezza della tradizione.

In questo umile lavoro si cercherà più semplicemente il significato letterale e storico.

Nel brano di oggi, alcuni particolari del testo greco inducono a riflessioni particolari. Esaminiamo il testo:

(1)«Io sono la vera vite e il Padre mio è il contadino.

(2)Ogni tralcio che non porta frutto in me, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.

(3)Voi siete già potati, per la parola che vi ho annunziato.

(4)Rimanete in me, e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane ospite nella vite, così nemmeno voi se non rimanete ospiti in me.

(5)Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane ospite in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

(6)Se uno non rimane ospite in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e viene bruciato.

(7)Se rimanete ospiti in me e le mie parole rimangono ospiti in voi, potete chiedere quel che volete e vi sarà fatto.

(8)In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Il «discepolo che Gesù aveva caro»

 

Il discepolo ed evangelista Giovanni era attento a mantenersi come tralcio che rimaneva attaccato alla vite.

Interrogava spesso il Maestro, anche se non ha scritto, per modestia, le sue domande. Gesù gli rispondeva e gli dettava in greco.

Mi pare che soltanto così si comprenda il contenuto sublime, e nello stesso tempo immediato, del quarto Vangelo, un contenuto che non può venire dalle riflessioni del giovane discepolo e nemmeno dal discepolo anziano.

Da giovane non avrebbe potuto pensare cose tanto elevate; da anziano non avrebbe ricordato le parole e le azioni precise del Cristo Re, per meditarle.
In ogni caso, non avrebbe potuto, onestamente, costruire a modo proprio i discorsi di Gesù.

Anzi, queste parole non possono assolutamente essere di una persona soltanto umana, seppure ispirata dallo Spirito Santo. Sarebbe come dire che Gesù non aveva svolto bene il suo compito storico e c’era bisogno di formulare altri discorsi per rimediarvi.

Ecco dunque che cosa significa la particolare carità, che Gesù aveva per questo discepolo: mostrava di ascoltarlo molto attentamente, gli rispondeva dettagliatamente e gli dettava ciò che subito non avrebbe capito (Gv 16,12) e che in seguito non avrebbe potuto ricordare.

 

Perché i tralci della vigna devono essere potati?

 

Ricordiamo la vigna che Dio ha piantato in Israele (Sal 80,8-19):

Rialzaci, Dio degli eserciti, fa’ risplendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Hai divelto una vite dall'Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli.

Le hai preparato il terreno, hai affondato le sue radici e ha riempito la terra.

La sua ombra copriva le montagne e i suoi rami i più alti cedri.

Ha esteso i suoi tralci fino al mare e arrivavano al fiume i suoi germogli.

Perché hai abbattuto la sua cinta e ogni viandante ne fa vendemmia?

La devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l'animale selvatico.

Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna,

proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il germoglio che ti sei coltivato.

Quelli che l'arsero col fuoco e la recisero, periranno alla minaccia del tuo volto.

Sia la tua mano sull'uomo della tua destra, sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.

Dio ha piantato una grande vigna, ma essa si espande per conto proprio e viene devastata.

Il Figlio dell’uomo è venuto.

Ma parla di potatura di questa vite, non più della sua grande estensione.

È questo il senso delle sofferenze inspiegabili, apparentemente assurde, dei Cristiani e del mondo intero?

È il Padre che sta potando e sopporta che le genti parlino male di lui, poiché egli sa che non capiscono?

Non avremmo immaginato, se Gesù non l’avesse detto, che alle opere iniziate da Dio servisse una potatura. Eppure tutti hanno notato questa operazione, che sembra far soffrire inutilmente sia chi è cattivo, sia chi è buono; che provoca la ribellione dei forti, la bestemmia dei malvagi, la rassegnazione cieca dei miti.

 

Prima molto frutto…

 

Ma solo chi ascolta e prova a mettere in pratica le parole del Cristo Re viene potato e fa vero frutto, abbondante.

Risolve il problema della sofferenza, senza tante disquisizioni, e trova serenità.

«Ogni tralcio che non porta frutto in me, lo toglie». Non uno di questi riesce a stare attaccato al Cristo Re.

Magari  ritiene, o finge, di stare con lui ma intanto cerca altri agganci. Si perde nella confusione del mondo.

Si dissecca nell’arsura del fuoco dell’inferno, che si agita in modo subdolo sotto le vicende di questo mondo, come rivela la visione dell’inferno dei tre bambini di Fatima il 13 luglio 1917.

«Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».

Nessuno, che non porti frutto nel Cristo, parla di lui come la vite che lo fa vivere.

Così è glorificato il Padre. Chi si lascia potare da lui, porta molto frutto; chi pensa di espandersi da solo, non riesce a far nulla che convinca realmente.

Se nel nostro ambiente il Padre non è glorificato, è dunque perché i discepoli “non portano frutto”?

E che si deve fare?

Semplicemente: si debbono mettere alla prova dei fatti le parole e l’esempio del Cristo Re, con la forza dei suoi Sacramenti.

 

…poi discepoli…

 

Gesù attende che «diventiate miei discepoli» dopo che abbiamo portato dei frutti.

Si diventa seriamente suoi discepoli perché le parole del Maestro ci fanno portare molto frutto nella vita quotidiana, cioè superano la prova dei fatti.

 

…quindi chiedere e ottenere

 

Trovata la via giusta, non ci sono più cose impossibili.

 

 


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