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Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 11,25-30

 

25 In quel tempo Gesù disse: "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero".

 

 

Commento storico

 

Introduzione

 

Vedere introduzione generale

 

Un dolce peso che solleva

Con il Cristo Re, non è l’impegno faticoso che conta, ma conta andare a lui per ricevere del ristoro.

I suoi insegnamenti sono un peso leggero, perché impegnano tutta la persona a trovare soluzioni di carità verso tutti, costruttive anche fisicamente. Dopo aver ascoltato lui, dopo aver messo alla prova della realtà le sue parole, ci si ritrova più solidali, più riposati e più vivi.

 

Per i semplici

 

Nel Vangelo secondo Matteo, i diversi insegnamenti di Gesù sono stati accostati per ottenere significati abbastanza immediati e semplici, che raggiungessero, appunto, i bambini.

Si è potuto fare perché c’erano già altri Vangeli storici: quello di Matteo, in aramaico, e quelli di Luca e Giovanni, non ancora pubblicati. Questi ultimi vennero pubblicati soltanto quando ci si accorse che stava cambiando definitivamente la scena in cui Gesù aveva agito.

In effetti, nei venti secoli della Chiesa, molti si sono resi conto che è impossibile approfondire il ragionamento “teologico” sul Vangelo di Matteo. Si può perfino andare molto lontano dalla verità di Gesù Cristo. Perciò chi voleva capire di più ha quasi sempre preferito Giovanni, a volte Luca o Marco.

Ma è importantissimo non dimenticare mai che il Padre ha «tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti» e le ha «rivelate ai piccoli», ossia che ogni approfondimento su Gesù deve tornare alla più semplice realtà e verità, testimoniata da lui con parole e opere.

 

Benevolenza stabile e autentica

 

Gesù si rivolge al Padre, mentre i pagani si sentivano sottoposti al Fato impersonale, a cui non si potevano rivolgere.

È inevitabile, e spesso ci sfugge, che le parole di Gesù siano più vicine ai piccoli.

Ma il Maestro non attribuisce a sé il potere delle sue parole di arrivare al segno. Lo attribuisce all’autorità del Padre, che egli conosce bene e che ha creato buona ogni cosa. Il Padre gli ha dato le parole da dire e le opere da compiere, così che la creazione sia restaurata in tutta la bontà che nasconde.
Il Cuore del Cristo Re cerca veramente chi ha bisogno di salvezza e realmente lo salva.

Proprio per questo, il versetto 26 deve essere tradotto con attenzione. Contiene in greco lo stesso termine di Lc 2,14: “eudokìa”, di difficile interpretazione. Se però ammettiamo che significhi semplicemente “benevolenza”, rivela un’inattesa concretezza: «Sì, Padre, perché così è sorta benevolenza al tuo cospetto».

I miracoli e gli insegnamenti del Cristo Re, eseguiti per ordine del Padre, sono rivolti ai più piccoli, siano essi bambini o bisognosi. I piccoli colgono immediatamente la benevolenza del Padre.

In tal modo le persone “normali” possono vedere che c’è una benevolenza disponibile per tutti, all’occorrenza.

Dio ha fatto sorgere benevolenza tra gli uomini usando il sistema più benevolo, quello di soccorrere i più piccoli, coloro a cui nessuno offrirebbe un soccorso efficace, ma soltanto un palliativo.

La benevolenza inoltre, dopo essere iniziata, è irreversibile, tutelata dalla potenza del Padre infinitamente caritatevole (Lc 2,14 in Gesù, il Cristo). Rimane sempre almeno come nostalgia, come qualcosa che si è realizzata davvero, che si desidera sempre e non è un’illusione.

 

Seme di civiltà amabile…

 

Questo noi non abbiamo notato nelle parole di Gesù: la benevolenza era un dono immenso, così a poco prezzo, così semplice, mentre nel mondo di allora era rara e costava molto.

Immaginiamo gli Apostoli, attenti a edificare benevolenza a Gerusalemme, nel difficile tessuto sociale ebraico, per ordine del Cristo Re, per dovere e non in cambio di favori.

Ricordiamo pure che nel mondo romano c’era sete di benevolenza, che si otteneva a caro prezzo.

Ecco la novità del Cristianesimo, ecco ciò che gli permise di espandersi rapidamente.

Questa particolarità dovrebbe risvegliare anche oggi lo zelo per la nostra fede, l’unica che genera gratuitamente civiltà, carità, benevolenza.

 

… che cresce anche mentre riposiamo

 

Ricordiamo di nuovo che gli scribi di Matteo si rivolgevano così ai capi ebrei, per alleggerire la loro responsabilità. Con il Cristo Re non è indispensabile l’impegno continuo dei saggi. D’altronde gli errori e le possibili ipocrisie non pregiudicano il diffondersi della benevolenza. Questa cresce al cospetto di Dio e a gloria sua.

Infatti il Cristo ha il potere di preparare per i suoi “sudditi” un giogo così leggero, da essere un ristoro.

È un Re infinitamente benevolo. Questa è la leva del suo potere. Non la forza, il denaro, l’astuzia dei consiglieri, o altro che, nel mondo, dà vantaggio ai governanti sui piccoli, ai ricchi sui poveri, agli istruiti sui semplici.

Poiché Gesù è venuto, e così ha parlato e agito, non c’è vantaggio nell’essere sapienti e nel ragionare molto, non occorre essere potenti. Non si cambiano le cose sbagliate rivoluzionando la situazione. Gesù Cristo, nella realtà quotidiana, offre vantaggio ai piccoli, a quelli che provano a fare ciò che ha detto, senza troppo riflettere o esitare.

 

 


Iniziativa personale di un laico cattolico, Giovanni Conforti  - Brescia - Italia.

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