XXXI domenica del Tempo Ordinario
- anno C -
indice delle feste
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,1-10
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Commento storico
Introduzione
Vedere l'introduzione generale.
Una data ben definita
Soltanto Luca (Lc 19,1-10) racconta l’episodio di Zaccheo, avvenuto “venerdì” 27 marzo dell’anno 33 d.C.
Al servizio del Re
Si potrebbe pensare che qualcuno l’abbia raccontato solo a lui, mentre raccoglieva testimonianze esatte sulla vita di Gesù.
Ma non dobbiamo dimenticare l’interesse che Luca manifesta verso la regalità del Cristo. Se, ad esempio, traduciamo con attenzione Lc 9,51-54, scopriamo che:
“Mentre si compivano i giorni per assumere (ufficialmente) il suo incarico: egli (Gesù) stabilì il (vessillo con il) simbolo (della sua regalità) per andare a Gerusalemme. E mandò dei messaggeri davanti al suo vessillo. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché il suo vessillo era diretto a Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?»”.
Chi, da Gerusalemme, accettò e ratificò quel vessillo, con quel simbolo che l’evangelista non ha descritto?
Luca non era estraneo a questo atto giuridico e si può ben ritenere che abbia provveduto a tutto Teofilo, sacerdote figlio del famoso Anna, al cui servizio Luca lavorava a Gerusalemme.
Ecco allora il motivo per cui poté conoscere il fatto di Zaccheo. Appena gli era possibile Luca seguiva Gesù, che stava per proclamarsi Re nel nome del Signore nella città santa Gerusalemme, capitale della nazione ebraica.
Il peccatore e il suo cuore
A Zaccheo interessa il Re che viene, ma gli interessa perché è un Re straordinario, che fa miracoli e al popolo fa soltanto del bene, libera dal potere del diavolo.
Non è necessario che il pubblicano distingua tutti i concetti religiosi e tutte le regole morali, gli basta distinguere la Persona di Gesù da tutte le altre persone di sua conoscenza, che non lo hanno mai aiutato a essere più giusto.
Gesù e la realtà delle persone
Gesù, il Cristo Re, non fa la predica al pubblicano, lo prende dalla parte dei suoi desideri e delle sue possibilità. Non gli chiede di convertirsi, ma gli scrocca presumibilmente una cena, mandandolo in visibilio.
La gioia e il Cristo presente fanno il resto. Zaccheo provvede a sistemare con giustizia la sua posizione di capo dei pubblicani, pubblici peccatori. Il Vangelo non dice poi che Zaccheo abbia abbandonato il suo mestiere. Per Gesù riscuotere le tasse, in favore di un imperatore idolatra, non era un lavoro cattivo in se stesso: anche a Cesare, per l’organizzazione internazionale, era giusto pagare un contributo.
Inoltre, come dice Ap 7,14, Gesù Cristo, l’Agnello, ha il potere di “lavare con il suo sangue le vesti di coloro che vengono dalla grande tribolazione (dell’idolatria) e di renderle bianche (di redenzione)”, senza necessariamente toglierli dalla loro realtà.
Gesù, il Salvatore
La traduzione dal greco del versetto 10 è da correggere leggermente: «Infatti il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che è perduto». Gesù non parlava di ciò che “era perduto” prima che venisse lui, ma delle situazioni definitivamente rovinate, irrecuperabili per sempre e in ogni tempo.
Egli è venuto a cercare proprio questo, per salvarlo.
È Figlio di Dio e, con il suo intervento ri-creatore, con una sua parola o con un gesto del suo “dito di Dio”, recupera ciò che umanamente è impossibile rimettere in sesto.
Ci chiediamo: solo lui poteva fare ciò, mentre era presente? A che sarebbe servito, se nessuno l’avesse potuto rifare più? Sarebbe stato come illudere l’umanità e abbandonarla poi in una specie di rancore verso di lui, che mostrava il suo potere ma non lo distribuiva alla gente.
In effetti, è quello che pensiamo nel fondo della nostra anima. Eppure nei nostri giorni abbiamo visto varie situazioni cambiare per l’intervento di persone di Chiesa. Spesso è bastato ricordare una frase del Vangelo per volgere in bene ciò che andava alla deriva senza speranza.
Insomma, con la traduzione giusta di questo versetto o senza traduzione giusta, la Chiesa ha le parole e le opere del Cristo Re, come risorsa per salvare ciò che pare perduto definitivamente. Ma occorre prenderne coscienza fortemente, perché con il Cristo non è solo possibile salvare “qualcosa”, ma si deve cercare (tutto) ciò che è perduto e ha bisogno di salvezza.
Mi vengono alla mente le famiglie distrutte dall’infedeltà e dalla soggezione ai modelli di vita peccaminosi. La Chiesa non teme alcuna situazione perduta, deve solo cercare nelle parole precise e storiche del Figlio di Dio, nelle sue opere, nei suoi poteri sacramentali il rimedio ri-creatore, efficace, visibile.
Ecco perché è importante riscoprire che i Vangeli raccontano le opere storiche precise del Figlio dell’uomo.
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