In nome di Maria

Con il Papa

Solidità della Dottrina e della Tradizione

I testimoni delle origini

 

 

 

Per approfondimenti cliccare sui link

IV domenica del Tempo Ordinario

- Anno A -

 

indice delle feste

 

Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 5,1-12

 

1 Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

 

3 "Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4 Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5 Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8 Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10 Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

 

 

Commento storico

 

Introduzione

 

Vedere introduzione generale

 

Dove sta, veramente, la beatitudine?

 

Il discorso delle Beatitudini, che Gesù pronunciò realmente alla fine di giugno dell’anno 31, è quello che troviamo in Luca. L’aveva udito, e scritto immediatamente, Matteo.

Il Messia si rivolgeva direttamente ai poveri, ai sofferenti e agli affamati, promettendo un cambiamento radicale, perché era giunto il Regno di Dio.
Matteo ha riflettuto sulle parole di Gesù, insieme a «molti» altri scribi divenuti discepoli del Regno dei cieli (Mt 13,51-52). Insieme si sono chiesti: che cosa occorre perché le promesse del Maestro si realizzino? Che cosa dobbiamo fare noi?

Come risposta hanno enumerato otto beatitudini, invece delle quattro pronunciate da Gesù. In esse, oltre la promessa, è precisato l’impegno richiesto. Ogni aggiunta proviene comunque da altri passi del Vangelo.

Di sicuro la beatitudine non sta nell’essere poveri, nel piangere, nella grande difficoltà che si può incontrare volendo mettere in pratica le parole di Gesù in situazioni diverse.

È il «Regno dei cieli» che rende beati.

 

Gesù realizzerà l’ideale ebraico

 

Matteo non nomina direttamente Dio, per il rispetto tributato dagli Ebrei a questo Nome santo. È essenziale ricordare che Matteo si rivolge ai suoi connazionali, di Palestina e di fuori.

Esaminiamo una per una le otto beatitudini, cercando di aggiustare, dove occorre, la traduzione:

«Beati i poveri nello spirito», quelli che sono poveri o rinunciano alle ricchezze e seguono Gesù. Sono pronti a far parte del Regno dei cieli.

«Beati quelli che gemono, perché saranno rinfrancati» dagli insegnamenti e dalle opere di Gesù; ma in seguito dalle opere della Chiesa.

«Beati i miti, perché erediteranno la terra». I miti non lo sono per cause esterne, lo sono volontariamente, seguendo gli insegnamenti che Gesù impartirà subito dopo. È una beatitudine che nasce dall’impegno e dalla saggezza.

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». La giustizia è l’ideale degli Ebrei e consiste nell’essere fedeli a Dio, agli uomini e alla realtà, perciò nel fare le cose giuste al momento giusto. Gesù promette sazietà di questa giustizia e fornisce i mezzi per renderla piena.

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia». Questa beatitudine riflette Lc 6,36-38: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati…».

«Beati i puri nel cuore, perché vedranno Dio»: puri nel cuore, non all’esterno come i sepolcri imbiancati, passando sui quali ci si rende impuri senza saperlo. Gesù parla di coloro che superano la giustizia di questo mondo, quella dei farisei, e sono più fedeli al Dio d’Israele, secondo l’ideale degli Ebrei, perché ascoltano il Cristo suo Figlio. Sono davvero vicini a Dio.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Mi pare di trovare qui il riferimento alle parole che dicevano gli angeli a Betlemme: «Gloria nel più alto (dei cieli) a Dio e in terra pace (fatta) di benevolenza tra gli uomini» (Lc 2,14). Gli operatori di pace non devono essere pavidi, devono comportarsi come figli di Dio: «In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).

«Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli». La persecuzione poteva venire dagli Ebrei o dai Gentili, a causa della giustizia più grande portata da Gesù, che correggeva perciò gli ideali degli uni e degli altri e poteva dar fastidio.

 

Beati e concordi

 

«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché copioso è il vostro salario nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi». Gesù dice: «Se vi succederà di essere perseguitati e calunniati, sappiate che avrete il salario dei profeti». Ma non dobbiamo pensare che i Cristiani siano sempre malvisti: nei primi anni della Chiesa erano benvoluti sia dal popolo ebreo che dai Romani (At 2,47; 4,33; 9,31); e nei venti secoli che sono passati hanno procurato beatitudine a tutti quelli nominati da Gesù.

Il discorso delle Beatitudini dovrebbe essere riscoperto nel suo significato valido per gli Ebrei, per un dialogo veramente cordiale.

Ma è una promessa grande e concreta di Gesù, che tocca ai Cristiani realizzare anche oggi, con conoscenza di causa, vigore e coraggio, possibilmente insieme agli Ebrei.

È una promessa di giustizia.

In concomitanza proprio con il Vangelo di Matteo, pubblicato per primo, questa giustizia conquistò presto l’Impero Romano (Rm 1,16-32), dove gli Ebrei erano già presenti da molto tempo.

 

 


Iniziativa personale di un laico cattolico, Giovanni Conforti  - Brescia - Italia.

Ciò che è contenuto nel sito può essere usato liberamente.

Si richiede soltanto di mantenerne il significato.