VII domenica del Tempo Ordinario
- Anno C -
indice delle feste
Dal vangelo secondo Luca
Lc 6,27-38
27 Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
37 Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38 Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio".
Introduzione
Vedere l'introduzione generale.
Il Re dei secoli
Questo brano di Luca segue immediatamente le "beatitudini" e i "guai" e fa parte del Discorso della Montagna, pronunciato da Gesù a fine maggio dell’anno 31.
Sappiamo che circa due anni dopo, il 29 marzo dell'anno 33, Gesù fu proclamato re dalla folla, e noi celebriamo una festa in onore di lui, Re dell'universo.
Lo stesso appellativo di "Signore", usato spesso nei riguardi di Gesù, significa "Re nel nome del Signore Dio" (Gv 12,13; Lc 19,38). Per questo Paolo, durante la sua predicazione, ha parlato poco di Gesù come Re, pur parlando spesso del Regno di Dio. Lo chiamava invece: «il Signore nostro Gesù Cristo».
Gesù era Re anche prima di morire, di risorgere e salire al cielo, o lo è soltanto dopo?
Come è il suo Regno?
Se ci fermiamo un attimo a pensare in che modo egli sia Re, scopriamo di essere molto confusi. Non lo comprendiamo se lo pensiamo dal punto di vista della potenza, o dal punto di vista del potere dell'ingegno.
D'altra parte il Re ha detto che «di una sola cosa c'è necessità» (Lc 10,42) e ha invitato a «cercare soltanto il Regno di Dio...» (Lc 12,31).
Semplicemente è Re secondo le "beatitudini" e i "guai".
Il brano di questa domenica riporta le istruzioni di Gesù perché possiamo aver parte al Regno.
È la legge nuova del Regno di Dio, del Cristo Re. È la legge che fa conto sulle aspirazioni personali, sull'iniziativa e sulla coscienza di ciascuno. È la legge della carità e non si tutela con guardie, multe e condanne.
Siccome Gesù ha pronunciato questo discorso due anni prima di concludere la sua vita pubblica, mi pare chiaro che egli è stato Re dell'universo almeno fin dall'inizio della sua opera.
Mentre alla conclusione della sua vita pubblica Gesù indica se stesso come nuova legge («abbiate cari gli uni gli altri...»), ora egli sta impostando il suo programma di carità. In seguito ne darà continuamente l'esempio.
Ma era Re fin dalla nascita, quando i Magi lo cercarono come «re dei Giudei che era nato» (Mt 2,2).
Ed è Re sul lungo periodo, costruisce una civiltà che cresce silenziosamente.
Gesù parla a tutta la gente, presa da mille necessità, preoccupazioni e sofferenze.
Parla ai suoi discepoli che sono tutti più giovani di lui, tra i 15 e i 25 anni. Egli stesso ha 32 anni.
Non li guida con saggezza umana, ma con divina coerenza alla realtà del momento. Così il suo insegnamento, dettato da divina attenzione, è valido e opportuno per ogni altra situazione.
Richieste impossibili, o aiuto divino?
Gesù aveva appena promesso beatitudine ai poveri, a chi aveva fame, a chi piangeva, ma aveva anche prefigurato guai per i ricchi, per chi era sazio, per chi se la rideva.
Le beatitudini sarebbero state qualcosa di mai visto nel mondo, mentre i guai sarebbero stati spesso incombenti a causa dei ricchi, dei gaudenti e di quelli che erano sazi.
La beatitudine si sarebbe vissuta man mano che il Regno di Dio si rivelava nel mondo, ma guai a quelli che pensavano di stare già abbastanza bene senza il Cristo Re, perché avrebbero tenuto lontano da loro il Regno e avrebbero impedito di entrarvi anche agli altri.
Come non notare che spesso le persone sicure di se stesse, potenti, hanno stravolto il senso delle parole e delle opere di Gesù, trasformandole in un'umiliazione ulteriore per i poveri, gli affamati, i sofferenti di fronte ai prepotenti, ai ladri, ai furbi?
Attenzione, dunque! Pur usando l'intelligenza e ogni nostra capacità dell'anima e del corpo, è necessario avere il cuore, l'anima, il corpo, saldamente ancorati al Cristo Re, a sua madre Maria, alla comunione dei santi.
Politica del Cristo Figlio di Dio...
Se analizziamo nel modo più immediato le "beatitudini" e i "guai", scopriamo che sono l’autentico programma politico del Cristo Re, a cui egli si è sempre mantenuto fedele.
Infatti Gesù ha precisato in questo modo che cosa intendeva fare per il suo popolo e per il mondo intero. Ed è stato molto più concreto e realista di qualsiasi altro re di questo mondo.
...e della sua Chiesa
Ha poi trasmesso il suo programma politico alla Chiesa.
Ma non è un programma che interferisce con i regni di questo mondo. Lascia ai governanti la loro dignità, non cerca il potere né sulle persone né sulle cose, pur impegnando tutte le capacità delle persone e tutte le risorse del mondo. Il Cristo porta soltanto carità e benevolenza a ogni persona e a ogni popolo della Terra.
In realtà anche i "guai" si sono visti nella storia della Chiesa; Gesù ha previsto ogni cosa.
Ma solo la verità di Gesù e la sua grazia permettono di scorgere i peccati che sono stati commessi nella Chiesa.
Senza il Cristo, questi peccati sarebbero stati azioni normali della realtà quotidiana. Ne sono testimonianza le relazioni storiche di ciò che facevano i pur civili Romani, o i Greci e perfino gli Ebrei.
Infatti i Cristiani sanno di dover fare ciò che è scritto nel presente brano evangelico e, nonostante le traduzioni abbiano ridotto i suggerimenti divini a un insieme di impegni difficilissimi, nonostante i Cristiani siano stati presi in giro dal mondo per la fedeltà a questi comandamenti, tuttavia le parole di Gesù sono state attuate nella storia in modo corretto.
Ed effettivamente il programma politico di Gesù ha costruito, nei secoli, la civiltà di cui possiamo "bearci", di cui, cioè, possiamo godere i frutti anche oggi.
Se non ci fosse il Cristianesimo, coloro che accusano la Chiesa di aver commesso dei peccati vivrebbero come si viveva nelle civiltà antiche e ciò sembrerebbe normale.
Anzi, oggi, chi muove accuse alla Chiesa sta tentando in ogni modo di rendere la Chiesa stessa complice di un ritorno alla situazione precedente il Cristianesimo.
Se non riscopriamo il Cristo storico, la sua vita storica, quel ritorno alla «grande tribolazione» (Gv 16,33; vedere anche Ap 7,14 in Apocalisse di Giovanni) della vita antica sembra la cosa più logica da fare.
Aderire alla politica del Cristo Re
Dopo il proclama politico delle "beatitudini" e dei "guai", Gesù si rivolge a ciascuno dei presenti, non soltanto ai discepoli, e pronuncia un discorso popolare, laico, che non è destinato a valere soltanto per chi ascolta in quel momento, ma per ogni tempo e in ogni luogo. Infatti i Cristiani non c'erano ancora.
Il Re risponde a una domanda che potevano rivolgergli: che cosa possiamo e dobbiamo fare noi, adesso, per avere parte al tuo Regno?
Differenze da non trascurare
In questo brano è particolarmente evidente come cambi tutto il significato, se proviamo a tradurre dal greco senza preoccuparci di mettere d'accordo le frasi di Luca e quelle di Matteo.
Ricordiamo infatti che Gesù, parlando alla gente, dopo avere promesso le sue beatitudini, non era direttamente preoccupato di completare la Legge di Mosè.
A questo pensarono in seguito gli scribi di Matteo, riassumendo nelle Beatitudini le due parti del discorso di Gesù, come nuova Legge, ebraica e cristiana.
Sia in Matteo, sia in Luca, sono comunque nuovi comandi divini, non regole moralistiche.
Non richiedono solo umiltà, ma carità e regalità.
Sono sorgente di grazia universale e non promettono soltanto ricompensa personale.
La legge del Regno di Dio, legge di carità
Ripercorriamo dunque il passo di Luca, cercando di tradurlo fedelmente (Lc 6,27-28).
Ora Gesù dice qualcosa di nuovo, lo dice in modo preciso, in quel luogo e in quel momento, in quella situazione sociale; chi ascolta lo può subito mettere in pratica; ma vale in ogni situazione, una per una, nessuna esclusa.
[27]«Ma dico a voi che ascoltate: Abbiate cari i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, [28]benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.
La preghiera ci tiene legati saldamente al Cristo Re e ci libera dall'essere succubi di queste persone che ci maltrattano. Quando benediciamo chi ci maledice, parliamo il linguaggio del Regno di Dio e non cadiamo nel tranello della cattiveria, teso da chi ci maltratta.
[29]A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra;...
Porgere l'altra guancia significa: «Guardami bene, sono una persona come te». Nello stesso tempo lascia trapelare la grazie potente del Cristo Re. È un suggerimento che non finisce mai di stupire: compiere un atto risoluto di carità, con la risolutezza che è grazia del Re, un atto che spiazza chi ci fa del male.
Gesù non chiede un atto di eroismo, suggerisce invece un ottimo espediente per fermare la persona che, per impulso d'ira o per prepotenza, ha dato lo schiaffo. Dovrà interrompere il suo impulso d’ira e fermarsi un attimo a riflettere, perché, sull’altra guancia, non potrà usare la stessa mano allo stesso modo.
Questo suggerimento di Gesù, come gli altri riportati qui nel Vangelo di Luca, solitamente ritenuti utopistici ed eroici, sono in realtà divinamente intelligenti, profondamente umani e, solo che si provi a metterli in pratica, se ne può verificare la semplicità e l’efficacia.
Certamente non si possono sempre eseguire alla lettera, sono da studiare accuratamente e da adattare a ogni situazione di violenza, per vincerla realmente. In alcune occasioni possono servire parole che indicano quanto ci è comunque cara una persona.
In una riflessione di gruppo ciascuno potrebbe contribuire con un'applicazione diversa e concreta: una persona mi offende, io...; qualcuno cerca di rubarmi la fidanzata / il fidanzato, io....
Se oggi c'è emergenza educativa, è necessaria una riflessione intensa sulla legge del Cristo Re. Non si esagera mai, né si esce di strada.
Macché regole! Macché "combattere" il "bullismo"!
Usando questo sistema si possono ottenere pure molte soddisfazioni, si può gustare qualcosa di molto migliore e di molto più creativo della vendetta.
...a chi ti leva il mantello, non trattenere la tunica.
Lasciare coscientemente che l'avversario ottenga ciò che pensa di strappare con violenza è l'espediente per obbligarlo a capire che la sua violenza è inutile, fuori luogo.
Poi si potrà far ragionare l'avversario sulla ragione di una tale aggressione. L'ha fatto anche Gesù, quando gli hanno dato una schiaffo davanti al sommo sacerdote.
[30]Da’ a chiunque ti chiede; e a chi porta via del tuo, non richiederlo.
[31]E come volete che le persone facciano con voi, allo stesso modo fate con loro.
Chi impara veramente dal Cristo, prende l'iniziativa nel fare ciò che sa essere gradito a ogni persona. È da tener presente sempre, come principio, anche se non si riuscisse a farlo realmente. È la base della civiltà di benevolenza, iniziata da Gesù.
La grazia nel Regno, qui e ora
[32]Se avete cari quelli che vi hanno cari, quale grazia c’è per voi? Infatti anche i peccatori hanno cari quelli che li hanno cari.
In questo passo del Vangelo di Luca scopriamo che Gesù ha prospettato per i suoi discepoli grazia, vantaggi veri che sono dono di Dio. Gli amici del Cristo Re hanno ricevuto da lui qualcosa che li rende diversi da chi non l'ha conosciuto, da chi non l'ha ascoltato e non ha provato a mettere in pratica le sue parole.
La grazia, che chiediamo a Dio come dono, è quella di far trasparire la carità, la bellezza, la pace divina in noi: la benevolenza divina.
I discepoli del Cristo sono in grado di essere «benevoli» verso il prossimo e capaci di avere l'iniziativa nel costruire la «pace di benevolenza», annunciata dagli angeli a Betlemme (Lc 2,14; Gv 1,17).
Sono perfino attraenti in mezzo alla gente, per la loro verità e bellezza integrale.
I peccatori sono le persone che non hanno conosciuto gli insegnamenti e la salvezza di Gesù e non conoscono quella verità che li può rendere sicuri e caritatevoli.
[33]E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, quale grazia c’è per voi? Anche i peccatori fanno lo stesso.
[34]E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, per voi quale grazia c’è? Anche dei peccatori concedono prestiti a peccatori per riceverne altrettanto.
Se qui Gesù usa il verbo "prestare", non insegna che si debba di regalare, ma di aspettarsi la restituzione, con un interesse limitato o anche senza interesse.
La ricompensa per i meriti
5]Abbiate cari, invece, i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro salario sarà copioso e sarete figli dell’Altissimo;...
Certamente la grazia di Dio ci aiuta a meritare la ricompensa eterna. Ma, prima di quel salario, è promessa dal Re una ricompensa anche nei giorni di questa vita. Si potrà vedere la salvezza del nostro Dio nella nostra terra: «Se uno vuol servire me, lo pagherà il Padre» (Gv 12,26).
...perché egli è benevolo verso gli ingrati e i cattivi.
Egli non fa distinzione tra i buoni e i cattivi nel distribuire i suoi doni, dopo aver creato direttamente l'anima di ciascuno (Mt 5,45).
[36]Siate compassionevoli, come è compassionevole il Padre vostro.
[37]Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; [38]date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Il Cristo promette una misura sproporzionata alla nostra, ma è l'incoraggiamento a non avere misura, perché in quel senso non si esagera mai. In effetti lì possiamo esprimere tutta la nostra vitalità, lì si costruisce ciò che desideriamo di più.
Legge semplice, per avere vita
La legge del Cristo Re è esposta da lui in modo tale che non la si deve considerare nel suo insieme, non serve nemmeno cercare di capirla fino in fondo e non ci si deve sentire obbligati a osservarla interamente. In ogni momento, invece, si deve metterla alla prova dei fatti.
Se ci illudiamo di essere superiori a questa legge, o magari pensiamo di essere migliori del legislatore; se cerchiamo di capire bene la legge, prima di agire, senza nemmeno accorgerci che la vera legge è proprio il Cristo Re in persona; se lo consideriamo un Signore troppo esigente e troppo elevato per noi; allora succede che non comprendiamo affatto lo spirito della sua legge.
Se poi qualcuno ritiene di superare il problema, dichiarandosi ateo e stilando regole ispirate al meglio delle nostre consuetudini civili, non fa altro che richiamarsi al fondatore delle consuetudini civili: Gesù Cristo.
Questa legge si capisce provando a metterla in pratica, non restando lì, stupiti, a dire: «Signore, Signore», ...per noi sei troppo grande ed esigente... (Lc 6,46-49).
Servire il Cristo Re è regnare nella realtà
Non ci è richiesto certamente di essere deboli.
Di essere umili, sì, ma non schiavi delle leggi e dei limiti della natura, anzi di lasciarci rendere potenti con il Cristo, nel suo Regno nuovo.
Gesù non era legato alla legge ebraica, una legge pur estremamente concreta per quei tempi, con prescrizioni morali e scientifiche in grado di controllare la realtà naturale.
I comandi di Gesù sono superiori a quella legge e ci liberano dai limiti che la natura sembra imporre.
Ad esempio: come rifarci dal male che riceviamo dagli altri? La natura ci dice soltanto di difenderci e di usare deterrenti sicuri. Ci spinge a rispondere al male con un male che obblighi l'avversario a capire ciò che ha fatto, così che non lo compia in futuro.
Gesù insegna come ottenere questo e infinitamente di più, usando carità, ossia considerando cara a noi ogni persona.
Il discorso che Luca riferisce è un discorso regale, non morale; tanto meno invita alla resa e alla debolezza.
Le indicazioni, i comandi di Gesù, si rivolgono alla persona e al popolo, cosicché si possono eseguire indipendentemente dalla legge, non interferiscono con alcuna legge.
Insegnano a obbedire consapevolmente al potere, senza furberie, eseguendo ciò che è buono e trasformando in bene anche gli errori che il potere commette, anzi supplendo con la carità ai vuoti di solidarietà del potere umano.
Si possono eseguire da soli, indipendentemente dagli altri, anche senza che sia tutta la comunità a eseguirli.
L'indipendenza dalle leggi umane, la superiorità sulla stessa legge di Mosè, rendono grande il Regno del Cristo e lo rendono efficace senza distruggere niente di umano.
I sacramenti di Gesù Cristo e l'esempio personale di vita santa di ciascun credente fanno la vita di comunità cristiana. D'altra parte la comunità Chiesa è opera di Gesù, è sacramento e dà i Sacramenti.
Aggiungiamo che la carità del Cristo Re è il vero modo di accogliere qualsiasi persona, senza distinzione "di razza, di lingua, pi popolo e di nazione", come dice l'Apocalisse.
Poiché il programma politico di Gesù è "laico", popolare, universale, è l'unica garanzia di "laicità", ossia di attenzione a ogni persona del popolo e di onore alla libertà di ciascuno.
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